Il finanziamento dei costi della riforma del lavoro interesserà anche i redditi da locazione; in particolare è stata prevista la riduzione della quota dei canoni esente da Irpef, dal 15 al 5 per cento.
L’imposizione fiscale sulle locazioni immobiliari è sempre stata piuttosto gravosa; per quelle in regime di libero mercato il reddito è dato dal valore più alto tra la rendita catastale rivalutata e il canone di locazione, ridotto del 15 per cento (o del 25 per cento per gli immobili situati a Venezia o in alcune isole della Laguna); mentre per i “concordati” il reddito è determinato con le stesse modalità previste ma è ridotto ulteriormente del 30 per cento. A questi si aggiunge il regime della “cedolare” del 21 per cento che, però, dai primi dati sul gettito a disposizione, sembra si sia rivelata un flop.
In questo quadro, e con la nuova stretta prevista, «si ipotizza che per la totalità delle locazioni a uso abitativo venga effettuata l’opzione per la cedolare secca» (come si può leggere dalla relazione tecnica al provvedimento); pertanto ai fini del gettito le nuove entrate dovrebbe essere garantite solo dagli immobili non abitativi (per i quali non è ammessa la cedolare) di proprietà di persone fisiche. In sostanza, l’ipotesi (realistica) è che tutti i proprietari di abitazioni affittate migrino verso la cedolare mentre sugli altri immobili l’aggravio sarà inevitabile. (Il Sole 24 Ore del 6 aprile 2012, pag. 3, Saverio Fossati )