Con un emendamento al D.D.L. Fornero, depositato nella giornata di ieri in Commissione Lavoro del Senato, cambiano i requisiti per distinguere le partite Iva “vere” da quelle “fasulle”.
In altre parole si salvano dal “doppio salto”, che porta alla stabilizzazione del rapporto di lavoro, tutte quelle prestazioni connotate da competenze teoriche o pratiche “di grado elevato” e rese da soggetti titolari di un reddito lordo annuo di almeno 18.000 euro: per loro infatti si applica una sorta di “presunzione di regolarità”.
Con queste nuove regole è più tutelato il “popolo delle partite Iva”: nel 2011 ne sono state aperte 535.000, di cui il 48 per cento da parte di under 35, mentre a marzo ne sono state aperte 62.000 (+ 12,4 per cento su base mensile).
Rimane invece inalterata la disposizione che esclude da questa regola le prestazioni lavorative “svolte nell’esercizio di attività professionali per le quali l’ordinamento richiede l’iscrizione ad un ordine professionale, ovvero ad appositi registri, albi, ruoli o elenchi”.
Inoltre con il medesimo emendamento vengono modificati anche i tre parametri che fanno scattare (se ne ricorrono almeno due) il “doppio salto” sulle partite Iva cosiddette “fasulle”; in pratica (e salvo prova contraria del datore di lavoro) si potrà chiedere il passaggio da partita Iva a collaborazione coordinata e continuativa qualora:

  • la durata della collaborazione sia superiore a otto mesi (ne erano previsti sei nel D.D.L.);
  • il corrispettivo pagato al collaboratore costituisce più dell’80 per cento del suo reddito complessivo (nel D.D.L. era il 75 per cento); e
  • il lavoratore disponga di una postazione “fissa” in azienda (Il Sole 24 Ore dell’11 maggio 2012, pag. 2, Davide Colombo, Claudio Tucci )