Nella recente riforma del lavoro, nell’ambito della rivisitazione delle tipologie contrattuali, è stato radicalmente rivisto il contratto di associazione in partecipazione.
Infatti il comma 28 dell’articolo 1 della legge n. 92 del 2012 ha modificato l’articolo 2549 del Codice Civile e ha ridisegnato il quadro normativo di questo particolare istituto contrattuale.
In particolare, con il fine dichiarato di contrastare l’utilizzo improprio e strumentale di alcuni elementi di flessibilità presenti nelle varie tipologie contrattuali, l’intervento operato dalla riforma Fornero limita adesso a tre gli associati (anche lavoratori) occupati nella stessa attività e ciò vale a prescindere dal numero degli associanti. L’unica eccezione alla restrizione è costituita dalla circostanza che gli associati siano legati all’associante da vincoli di parentela entro il terzo grado o di affinità entro il secondo.
Le conseguenze che scaturiscono dal mancato rispetto della nuova previsione sono molto rilevanti: se si stipula un quarto contratto, infatti, tutti i rapporti (non solo il quarto) vengono trasformati in contratti di lavoro subordinato a tempo indeterminato.
Tuttavia, il legislatore ha previsto una salvaguardia per i contratti certificati alla data dello scorso 18 luglio; solo per questi rapporti potranno continuare a valere – fino alla loro cessazione – le vecchie regole. I contratti stipulati successivamente all’entrata in vigore della legge n. 92 del 2012 (18 luglio) ricadono totalmente nella nuova, più stringente, disciplina.
Viene infine evidenziato che è prevista una presunzione legale secondo cui i rapporti di associazione in partecipazione con apporto di lavoro, avviati e condotti in assenza di un’effettiva partecipazione dell’associato agli utili oppure omettendo di consegnargli il previsto rendiconto contabile, sono automaticamente convertiti in rapporti di lavoro subordinato a tempo indeterminato (salvo prova contraria). (Il Sole 24 Ore del 4 settembre 2012, pag. 19, Antonino Cannioto, Giuseppe Maccarone )